Le più belle citazioni di Joan Didion

Le più belle citazioni di Joan Didion

Joan Didion è stata una giornalista e scrittrice americane, autrice di romanzi, saggi, sceneggiature e opere teatrali. La sua carriera inizia appena dopo la laurea in Lettere presso l’università di Berkeley, quando vince un concorso di saggistica indetto dalla rivista Vogue, che la assume come copywriter e, successivamente, redattrice associata. Siamo negli anni ’60, e durante questi primi mesi di lavoro Didion sviluppa il proprio amore per la scrittura: nei decenni successivi pubblica i suoi primi romanzi e saggi, collabora con numerose riviste, scrive sceneggiature per Hollywood insieme al marito John Gregory Dunne, anch’egli scrittore.

Didion è stata una grande innovatrice, soprattutto nel campo del giornalismo. Infatti ha elaborato un proprio modo di scrivere, molto vicino alla letteratura. Questo stile, in contrasto con quello “tradizionale”, unisce la forma del saggio con la creatività e l’intimità proprie della narrativa. Largo spazio ha per lei la soggettività: non si limita a raccontare oggettivamente i fatti, ma li filtra attraverso la propria persona, con una libertà prima impensabile nel giornalismo. La sua voce è critica verso il lettore, dunque esprime opinioni e pensieri.

Grazie al suo incredibile lavoro, Didion ha ricevuto numerosi riconoscimenti: olte alla laurea honoris causa in Lettere presso la Harverd University e l’università di Yale, le è stato conferito il St. Louis Literary Award (2002), il National Book Award (2005) e la National Medal of Arts and Humanities (2013). Ecco le citazioni più belle tratte dalle alcune delle sue opere più famose.

Miami

Non esattamente una città americana nell’accezione comunemente data questo termine fino a poco tempo fa, ma piuttosto una capitale tropicale: ricca di pettegolezzi e povera di memoria, smisuratamente edificata sulla chimera del denaro in fuga e ammiccante non tanto a New York, Boston, Los Angeles, ma Caracas e Città del messico, L’Avana e Bogotà, Parigi e Madrid.

Miami appariva ai miei occhi, nel momento in cui cominciai a passarci del tempo, spettacolarmente depressa, un tipico esempio del Sud del mondo.

Questa particolare atmosfera faceva sì che Miami non sembrasse una città, ma una fiaba, una storia d’amore ai tropici, una specie di sogno a occhi aperti in cui tutto è possibile.

In generale il tono di Miami, il modo in cui la gente appariva, parlava e si incontrava, era cubano. L’immagine che la città aveva allora cominciato a dare di se stessa era improntata a un fascino del tutto nuovo, fatto di colori vibranti, di vizi e di oscuri traffici all’ombra delle palme, ovvero le stesse caratteristiche dell’Avana prerivoluzionaria.

Essere un uomo di azione a Miami significava avere il sostegno di molti.

Parlano di terroristi cubani, ma sono gli uomini che loro stessi hanno addestrato.

Qui trovi la mia recensione completa di Miami.

Joan Didion citazioni: Blue Nights

Il tempo passa. Può essere che non ci abbia mai creduto? Credevo che le notti azzurre potessero durare per sempre?

Augurammo loro felicità, augurammo loro salute, augurammo loro amore e fortuna e figli bellissimi. In quel giorno nuziale, il 26 luglio del 2003, non avevamo motivo di pensare che il cielo non avrebbe accordato loro doni così comuni. Nota bene: consideravamo ancora felicità e salute, amore e fortuna e figli bellissimi dei semplici doni comuni.

Profondità abissali e levità, cambiamenti repentini. Era già una persona, non mi ero mai concessa di vederlo.

Quando parliamo di mortalità parliamo dei nostri figli.

Vi racconto questa storia vera solo per dimostrare che posso farlo. Che la mia fragilità non è ancora arrivata al punto da impedirmi di poter raccontare una storia vera.

Adesso posso permettermi di pensare a lei. Adesso non piango più quando sento il suo nome. Non immagino più il carro funebre chiamato per portarla all’obitorio dopo che lasciammo il reparto rianimazione. Tuttavia ho ancora bisogno di averla accanto. 

Qui trovi la mia recensione completa di Blue Nights.

The White Album

Noi ci raccontiamo delle storie per vivere. (…) Interpretiamo ciò che vediamo, selezioniamo la più praticabile delle scelte multiple. E, soprattutto se siamo scrittori, viviamo grazie all’imposizione di una linea narrativa sulle immagini più disparate, alle ‘idee’ con cui abbiamo imparato a congelare la mutevole fantasmagoria che costituisce la nostra esperienza effettiva.

L’autentica partecipazione esige una resa totale, una concentrazione così intensa da sembrare una specie di narcosi, un’estasi di autostrada. La mente si svuota. Il ritmo prevale. Si verifica una distorsione del tempo, la stessa distorsione che caratterizza l’istante prima di un incidente.

Il marxismo in questo paese era sempre stato una passione eccentrica e donchisciottesca. Una classe oppressa dopo l’altra sembrava alla fine non aver colto il punto. I non aventi, si scoprì, aspiravano soprattutto ad avere.

Credere, nel periodo tra gli ultimi anni sessanta e i primi anni settanta negli Stati Uniti d’America, che le parole avessero un significato letterale significava non solo bloccare il movimento, ma ingannare gravemente se stessi.

L’idea che ci sia buon senso nella follia, che la verità risieda agli estremi della pazzia, informa non solo una fetta considerevole della letteratura occidentale, ma anche, si ritiene comunemente oggi, l’esperimento di un’intera generazione con gli allucinogeni.

Joan Didion citazioni: Perché scrivo

Non ho mai letto nulla di utile su un giornale underground. Ma pensare che quei giornali vengano letti per i “fatti” significa non comprendere il loro interesse. Il loro genio consiste nel parlare in modo diretto ai propri lettori. 

Se si rende un luogo disponibile alla vista, in un certo senso non lo è più per l’immaginazione. 

Per diversi aspetti, scrivere è l’atto di dire io, di imporsi su altre persone, di dire “ascoltami, guarda le cose dal mio punto di vista, cambia idea”.

Sapevo di non saper pensare. Allora, sapevo solo quel che sapevo di non saper fare. Allora, sapevo solo che non ero, e mi ci vollero un po di anni per scoprire chi fossi. Ossia una scrittrice.

Volevo vedere la vita svilupparsi in un romanzo, ed è ancora così. Non volevo una finestra sul mondo, ma il mondo stesso. Volevo tutto.

L’anno del pensiero magico

Le persone che hanno perso qualcuno da poco hanno sul viso una certa espressione, forse riconoscibile solo da coloro che hanno visto quell’espressione sul proprio. Io l’ho notata sul mio e ora la noto sugli altri. È un’espressione di estrema vulnerabilità, nudità, trasparenza. (…) Queste persone che hanno perso qualcuno sembrano nude perché si credono invisibili. Io stessa per un certo lasso di tempo mi sentii invisibile, incorporea

Questo è un caso in cui per trovare il significato mi serve qualcosa di più delle parole. Questo è un caso in cui mi serve tutto ciò che io credo o ritengo penetrabile, se non altro per me stessa.

Il dolore è diverso. Il dolore non tiene le distanze. Il dolore arriva a ondate, parossismi, ansie improvvise che ti tagliano le gambe e ti accecano e cancellano la quotidianità della vita.

Nei momenti difficili, mi era stato insegnato fin dall’infanzia, leggi, impara, datti da fare, rivolgiti alla letteratura. Essere informati significava non perdere il controllo.

Clicca qui per leggere la mia recensione di L’anno del pensiero magico.

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